La tassa sul consumo di plastica, la cosiddetta Plastic Tax, sarebbe dovuta entrare in vigore già a luglio 2020. Per l’imposta che mirava a tassare la quantità di plastica immessa sul mercato da produttori e utilizzatori di imballaggi, rimasta esclusa dalla legge di bilancio 2022, si parla ora del 2023.
La riduzione dell’impatto ambientale della plastica passa attraverso una migliore raccolta differenziata e, soprattutto, da tassi di riciclo della plastica più alti, ma anche noi come consumatori possiamo fare la differenza. Secondo il rapporto rifiuti di Ispra, ogni anno ciascuno di noi produce circa 500 kg di rifiuti, metà dei quali sono imballaggi e di questi la maggior parte è costituita da plastica.
Ancora prima del riciclo quindi, la vera priorità è la riduzione della produzione di materiale plastico. Il principale responsabile della produzione di rifiuti da imballaggio (2/3 del totale) è il settore agroalimentare e, come consumatori, possiamo fare in modo che la situazione cambi.
Spesso per mancanza di tempo o, più semplicemente, per pigrizia, tanti acquistano frutta e verdura confezionate in vaschette di plastica con aggiunta di pellicola trasparente. Una scelta che comporta la produzione di circa 8 kg di plastica per famiglia, che si potrebbe risolvere semplicemente acquistando prodotti sfusi. In questo modo inoltre sarebbe possibile comprare solo quello di cui abbiamo realmente bisogno, evitando inutili sprechi di cibo. Un’altra cattiva abitudine di consumo riguarda i prodotti imballati in confezioni monoporzione: possono risultare comode e pensate per nuclei familiari sempre meno numerosi, ma, oltre ad avere un costo più elevato, comprare “mono” significa produrre quasi il doppio degli imballaggi.
Intanto, da Milano a Catania aumenta il numero di negozi e supermercati “alla spina” e senza imballaggi in cui i clienti portano da casa i contenitori riutilizzabili dove riporre i prodotti acquistati. Catene in franchising o piccoli punti vendita in cui è possibile acquistare soprattutto alimenti a chilometro zero: dai cereali alla pasta, dall’olio al vino fino ad altre tipologie di prodotti provenienti da aziende locali.