Originario del Sud Est Asiatico, il tempeh è il prodotto della fermentazione dei fagioli gialli di soia. Questi, spezzati e privati della pellicina che li ricopre, sono prima sottoposti a cottura. Poi si aggiunge il fermento Rhizopus oligosporus, un fungo che si sviluppa a una temperatura di 30-35 gradi. Dopo 24 ore si ottiene finalmente il prodotto: una sorta di mattonella, di consistenza simile al torrone, di colore leggermente screziato e aspetto che ricorda la buccia di alcuni formaggi, come il camembert o il brie.
Per attenuare il suo gusto amarognolo meglio consumarlo sempre cotto. Lo si può sbollentare per alcuni minuti, asciugarlo e tagliarlo a fette non troppo spesse, in modo che assorba al meglio i condimenti. Per dargli sapore, lo potete marinare in un bagno di olio extravergine d’oliva ed erbe aromatiche, come timo e maggiorana, succo di limone e spezie (zenzero, zafferano, cumino, peperoncino).
Diverse le tecniche di cottura per esaltarne il sapore. Cotto al forno, condito con olio, sale, pepe e spezie, per 20/25 minuti fino a doratura, saltato in padella, ma anche fritto, passato in una pastella di acqua e farina, poi nel pane grattugiato insaporito con aromi, o ancora grigliato. Può essere anche aggiunto come condimento a minestre, salse, insalate, torte (come farcituraa) piatti in umido.
Il tempeh ha un discreto apporto calorico accompagnato però da un elevato potere saziante, e una buona fonte di ferro, zinco, fosforo. Contiene anche vitamine del gruppo B, come la B1 e la B6, e fibre. Come tutti gli alimenti fermentati, ha un alto valore nutritivo, perché la fermentazione trasforma i nutrienti: le proteine vengono parzialmente idrolizzate, e di conseguenza sono più digeribili e più assimilabili.
Derivato dalla soia contiene isoflavoni, gli ormoni vegetali che aiutano a prevenire l’osteoporosi e attenuare i disturbi della menopausa, e saponine, sostanze che potenziano le difese immunitarie.
Lo trovi nei negozi di cibi biologici e in molti supermercati da cuocere o già cotto, pronto per l’uso. Può essere conservato in frigorifero e anche congelato, avendo cura di sbollentarono per inattivarne gli enzimi che ne degraderebbero la struttura.