Lo spreco alimentare degli italiani

Secondo la FAO, oltre un 1/3 del cibo prodotto al mondo va perso, partendo dall’intera catena di approvvigionamento alimentare: nell’azienda agricola, durante la trasformazione e la lavorazione, nei negozi, nei ristoranti e in ambito domestico. Ogni anno, nel mondo infatti, lo spreco di cibo è in media di 121 chilogrammi a persona.

La Commissione europea definisce lo spreco alimentare come l’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che, per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano, sono destinati a essere eliminati o smaltiti”.

Nel report redatto da l’Osservatorio Waste Watcher sullo spreco alimentare domestico, a  sorpresa, l’Italia resta la nazione più virtuosa nel cosiddetto “G8 dello spreco alimentare” (con 593,3 grammi di spreco settimanale). Prendendo come riferimento 7 giorni di una famiglia italiana media, gli alimenti che più spesso “pesano” sulla pattumiera sono i seguenti: la frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%).

La prima conseguenza dello spreco alimentare, per i consumatori italiani è lo spreco di denaro, importante per 8 italiani su 10. Tra le categorie più “sprecone” in Italia, spicca sicuramente quella dei single, con il 50% in più di cibo sperperato, in particolare frutta e insalata, rispetto alle famiglie numerose.

In generale, in tutti i Paesi, a prescindere dalle abitudini alimentari e dalle differenze culturali, uno dei motivi principali di spreco continua a essere la scarsa attenzione a quanto abbiamo già acquistato e stiamo conservando a casa. Semplicemente, ce ne dimentichiamo.

Un italiano su 3 (30%) confessa di calcolare male le quantità di cibo che servono in casa, ma anche (33%) di essere preoccupato di non avere abbastanza cibo a casa, quindi di esagerare negli acquisti.