Pubblicata sulla rivista Nature dalla Cattedra UNESCO di Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile dell’Università Federico II di Napoli, agisce contemporaneamente su fattori nutrizionali, ambientali e culturali.
È stata chiamata dieta pianeterranea per indicarne la portata globale e la validità in ogni Paese del mondo. L’idea è infatti quella di un’alimentazione che esporti in un’ottica mondiale la nostra dieta mediterranea.
Potrà comprendere quindi cibi differenti in base ai vegetali e alle risorse alimentari dei diversi Paesi e sarà declinata in piramidi alimentari “locali”, ma dovrà sempre attenersi alle regole della dieta mediterranea.
Quindi essere principalmente a base vegetale, con un apporto adeguato di grassi mono e polinsaturi e un consumo moderato di pesce, latticini e carne. La dieta pianeterranea introduce di volta in volta i cibi a km O tipici del luogo portando in tavola, ad esempio, la manioca e il teff in Africa centrale, l’avocado, la papaya, le banane verdi per gli acidi grassi e i polifenoli in America Latina, che invece in Canada si possono trovare in olio di canola e noci pecan.
I ricercatori l’hanno definita l’alimentazione salva-salute del futuro che chiunque, in tutto il mondo, potrà fare sua e seguire con la certezza di poter così prevenire in maniera efficace la maggior parte delle patologie croniche.