L’affumicatura è una tecnica di conservazione degli alimenti che viene praticata da secoli: il calore e il fumo sono sprigionati dalla combustione di alcuni legni, in particolare faggio, castagno e quercia, ma anche l’ulivo, il cui fumo conferisce ai cibi aromi particolari.
Si tratta di un metodo utilizzato per prolungare la conservazione degli alimenti e per modificarne ed esaltarne alcune caratteristiche, come colore e sapore. Oggi infatti, più che per conservare, l’affumicatura viene utilizzata per aromatizzare alcune preparazioni, in particolare carne, pesce e alcuni formaggi. Tra i cibi più noti sottoposti a questo trattamento ci sono: speck, prosciutto di Praga, pancetta, salmone, aringa, provola e scamorza.
Può essere realizzata in vari modi e secondo varie tecniche. Quelle tradizionali, sono l’affumicatura a freddo e a caldo. Nell’affumicamento a freddo la temperatura a cui è sottoposto l’alimento varia dai 20° ai 45C. Il fumo penetra lentamente nell’alimento. Con questa tecnica il tempo di affumicatura è particolarmente lungo, da alcuni giorni a intere settimane, a seconda dell’alimento e delle dimensioni. In quello a caldo la temperatura è più elevata, varia tra i 50° e i 90°C. Il periodo di trattamento è ridotto ad alcune ore.
L’affumicatura è spesso preceduta da altre tecniche conservative, come l’essiccamento, l’insacco o la salagione, che inattiva alcuni microrganismi, aumenta la disidratazione, conferisce maggiore sapidità al prodotto e favorisce la penetrazione del fumo.
Alcuni paesi (tra cui l’Italia), consentono solo l’utilizzo di aromatizzanti di affumicatura, che “simulano” l’affumicatura. Essi hanno il vantaggio di limitare al minimo le quantità di idrocarburi aromatici cancerogeni, anche se il risultato finale non è lo stesso dell’affumicatura tradizionale. In un’alimentazione sana i cibi affumicati dovrebbero essere occasionali ed essere preferibilmente consumati in associazione a verdure.