Dalla pianta, alla raccolta, alla lavorazione, ecco come nasce la nostra bevanda preferita.
I chicchi di caffè sono i semi di piante tropicali del genere Coffea. Le più diffuse sono l’Arabica e la Robusta. L’Arabica è la varietà più pregiata e anche la più coltivata, soprattutto in Centro e Sud America e nell’Africa orientale. I suoi chicchi sono ovali e, al centro, presentano una spaccatura a forma di “s”. La varietà Robusta ha invece chicchi più rotondi, con un solco più dritto. Diversi sono anche il contenuto di caffeina, minore nell’Arabica, e il gusto: da quest’ultima si ricavano infusi più dolci e aromatici. Dalla Robusta, coltivata soprattutto in Africa occidentale e Asia, si ottiene invece un caffè più amaro, forte e corposo.
Ogni frutto del caffè contiene due semi. Per estrarli esistono due metodi, a secco e a umido. Quest’ultimo è utilizzato soprattutto per le varietà più pregiate. I frutti sono immersi in vasche piene d’acqua per 36 ore, poi vengono spolpati meccanicamente. A questo punto, si procede all’essiccazione dei chicchi che, ancora verdi, sono così pronti per essere esportati. Nelle torrefazioni dei Paesi di destinazione, le varietà vengono miscelate, quindi tostate, in modo più o meno blando e soltanto a questo punto i chicchi assumono il caratteristico colore scuro, infine si procede alla macinatura, quella del caffè destinato alle macchine espresso ha una macinatura più fine rispetto a quello destinato alle caffettiere moka.
E finalmente si arriva alla tazzina di espresso, che contiene fino a 80 mg di caffeina, con effetti eccitanti sul sistema nervoso, una blanda azione analgesica. Un adulto, senza particolari problemi di salute, non dovrebbe in ogni caso superare i 300-400 mg al giorno. Ma molto dipende dalla sensibilità personale.