Il pastrami è una specialità gastronomica di origini ebraiche esportata negli Stati Uniti agli inizi del Novecento. Carne di manzo succulenta, speziata e affumicata che viene servita all’interno di un sandwich con senape e cetriolini.
Questo panino è tanto amato che in giro per l’America ci sono locali dedicati unicamente alla produzione di questa specialità. Il pastrami però ha origini molto antiche, nato dall’esigenza di conservare la carne quando non esistevano ancora frigoriferi e congelatori.
C’è anche un’altra tradizione da cui deriva il pastrami ed è quella ebraica. Le pietanze devono essere preparate seguendo delle metodologie molto precise che consentono di renderle “pure” o “Kosher“.
In Anatolia, l’odierna Turchia, si preparava così, seguendo le regole Kosher, il pastirma, che era un modo di preparare la carne senza cuocerla, ma permettendone la lunga conservazione. Quella ricetta si diffuse in seguito anche tra gli ebrei della Romania, prendendo il nome di pastrama. Il pastrama rumeno era fatto di carne d’oca.
Negli anni delle grandi immigrazioni nel Nuovo Continente, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, molti ebrei rumeni si stabiliscono a New York dove devono rivedere la loro ricetta tradizionale. Le oche non sono così comuni come nel Vecchio Continente e così i migranti si arrangiano con la carne di un animale assai più facilmente reperibile, ovvero il manzo. Forse per assonanza con i “salami” americani, il pastrama diventa il pastrami.
Per fare il pastrami viene dunque usata la carne del manzo, e più esattamente il taglio chiamato in inglese brisket, che corrisponde all’incirca al petto dell’animale. La carne viene fatta macerare per diverse settimane in una salamoia composta da diversi ingredienti e aromi. Nel caso del pastrami, il manzo viene invece affumicato e questo gli conferisce il suo inimitabile e peculiare sapore, nonché il suo gradevole aroma.